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Il design della ceramica in Italia 1850 - 2000

19 Giugno 2010

 

“Il design della ceramica in Italia 1850 - 2000”
Elena Dellapiana
Electa architettura, Milano 2010
255 pagine, illustrazioni a colori,
prezzo: 49,00 €
testo in italiano
 
Il denso testo di Elena Dellapiana, architetto e ricercatrice presso il Politecnico di Torino, è un esplicativo viaggio attraverso 150 di storia del design ceramico in Italia, esplorato con sguardo meticoloso attraverso gli scenari culturali, economici e produttivi che hanno determinato la nascita e la diffusione della tradizione “made in Italy”.
La ceramica (maiolica, grès, porcellana, …) è da sempre un materiale per la produzione di oggetti semplici, domestici, funzionali e subordinati alla necessità di riproduzione seriale. Accompagnando le abitudini e gli usi del vivere quotidiano, il prodotto ceramico ne registra puntualmente gli storici cambiamenti del gusto e le revisioni culturali: partendo da questo presupposto, l’autrice si propone di andare oltre la catalogazione enciclopedica dei tipi e dei linguaggi e piuttosto di “catturare”, tramite le evoluzioni del design ceramico, le trasformazioni epocali della modernità nel nostro paese.
Il testo si articola, oltre all’introduzione, in cinque grandi capitoli: “L’Ottocento”; “Fra Otto e Novecento”; “Il Novecento tra grandi numeri a autorialità, il dialogo tra designer e impresa”; “Anni cinquanta e sessanta, il design della ceramica e la ricerca”; “Il panorama contemporaneo tra episodio, moda e ricerca”.
Nell’Ottocento, la produzione ceramica diviene oggetto di un grande fermento culturale inteso a promuovere, con le parole di Massimo D’Azeglio, il “fare degli italiani” alla luce di un necessario confronto tra riproducibilità seriale a vasta scala e qualità artistico - figurativa del prodotto, come imposto dall’epoca della meccanizzazione. Sono gli anni del dibattito sulle arti applicate, della grandi esposizioni (Londra, 1851), delle collezioni private (Filangieri e le manifatture di Capodimonte), dei primi musei ceramici (Regio Museo Industriale di Torino, Museo Artistico Municipale di Milano, delle scuole di formazione (Scuola di Disegno e Plastica per ceramisti di Faenza) e delle riviste specializzate (Arte Italiana Decorativa industriale diretta da Boito): è in questo contesto che si ritrova il fertile humus per le riflessioni degli anni a venire.
Gli anni a cavallo tra Otto e Novecento determinano il consolidamento delle realtà produttive nazionali. La produzione ceramica diviene campo delle prime sperimentazioni formali, in alcuni casi ancora debitrici dell’Art Nouveau: la Ginori di Sesto Fiorentino, prima, con l’introduzione delle tecniche di decoro a calcomanie riproducibili a scala industriale e poi, dopo l’acquisizione da parte della lombarda Richard, la Richard - Ginori, con una consistente svolta verso un’imprenditorialità moderna; le maioliche di sapore “antiquario” di Deruta; le manifatture di Faenza in grés, nobilitate da una vocazione artistico - artigianale che rimarrà negli anni la cifra caratteristica e costante della produzione faentina; le esperienze “liberty” di Galileo Chini nell’ambito del laboratorio fiorentino “Arte della Ceramica”; il minimalismo grafico e decorativo della ceramiche prodotte dalla Appiani di Treviso, già concepite come prodotto modulare, interscambiabile e prettamente industriale.

 

  • Piatto in porcellana eseguito nella manifattura Ginori di Doccia, Sesto Fiorentino, per l’esposizione di Torino del 1902
  • Manifattura Minardi, Faenza, 1908
  • G. Chini, manifattura fornaci S. Lorenzo, piastrella con uccellino, maiolica policroma a lustri, Firenze, 1906 – 1920
  • Piastrella Appiani in grés decorata a smalto, fine anni ’20 XX secolo, Treviso

 

 

Il Novecento promuove il settore ceramico a protagonista di un acceso dibattito sulle arti applicate (esposizione torinese del 1902, Mostra internazionale delle arti decorative di Monza, I-IV Biennale,…). Sono gli anni delle prime collaborazioni tra realtà produttive e talenti creativi, nonché di assidue ricerche per indagare le molteplici potenzialità tattili e figurative della ceramica ed interpretarne così le più disparate modalità espressive.
In ambito toscano - lombardo, la Richard - Ginori coinvolge fino dagli anni ’20 uno dei più brillanti architetti del tempo. Gio Ponti, direttore artistico del marchio dal 1923, per quindici anni lavora sul tema della stretta interazione tra scala decorativa e architettura, sviluppando un disegno ceramico caratterizzato da scansioni rigorose degli sfondi, suggestioni classiche dei decori, semplificazioni cromatiche e formali che ritrovano assonanze con le sue future architetture; successivamente, Giovanni Gariboldi, anch’egli impegnato nella direzione artistica della Richard - Ginori, affianca le sperimentazioni sul fronte della terraglia smaltata, del grés inciso e smaltato, della ceramica graffita, a studi di forme più semplici, razionaliste e adattabili a una riproducibilità seriale.
La Società Ceramica Italiana (SCI) di Laveno, con la consulenza artistica all’architetto Guido Andlovitz, recuperando le suggestioni della Wiener Werkstätte produce oggetti formalmente elaborati dalla scarna decorazione, alternati a forme semplici animate invece da molteplici figure umane e geometriche; a Pordenone, la manifattura Galvani lavora la ceramica e la terraglia avorio o decorata a calcomanie; in Piemonte, la Lenci conquista il mercato con le sue figurine e statuette; ad Albissola la MGA interpreta nelle ceramiche la poetica aggressiva e dinamica del futurismo; a Genova, D.I.A.N.A. predilige oggetti dai forti tratti geometrici e colori “colanti”, concepiti più come utensili che come opere d’arte; in Umbria, la Società Anonima Maioliche Deruta abbandona gli “storici” temi figurativi per adottare più astratte fusioni di colori e armonie cromatiche.

 

  • G. Ponti, servizio “Ala”, porcellana bianca e oro inciso, 1925 - 30 ca., Museo Ginori della manifattura di Doccia, Sesto Fiorentino
  • G. Andlovitz, disegno per serie rossa, terraglia forte, dal 1930 al 1936
  • A. Simonetto, piatto decorativo, 1935 ca., Società Galvani, Pordenone
  • T. Mazzotti, vaso “Fiori dei miei giardini”, terracotta dipinta sotto vernice, 1929, Albissola Marina

 

 

Gli anni cinquanta e sessanta conoscono la profonda ansia di ricostruzione e rinnovamento concreto che permea la cultura del dopoguerra, dall’urbanistica alle arti applicate. Il design, sempre più industriale e presente nella vita quotidiana, diventa sempre più commercializzabile e meno elitario in funzione delle necessità del mercato ma non meno attento alle pulsioni creative. Antonia Campi, per la SCI di Laveno, progetta oggetti seriali ispirati a forme organiche, oniriche e irriverenti; Franco Bucci a Pesaro, nell’ambito del gruppo Mastro 3, propone oggetti in grés robusti e funzionali, concepiti per una diffusione industriale ma di alto pregio progettuale; Ambrogio Pozzi, dell’omonima impresa, persegue l’equilibrio tra tradizione e modernità attraverso un linguaggio a cavallo tra organicismo e concinnitas; la milanese DEM (con Munari, Mangiarotti e Mari) esplora le possibilità plastiche e informali del materiale; Soleri propone un prodotto estraneo a qualsiasi concessione artistica e valorizzato, in veste “rituale”, come oggetto d’uso funzionale, semplice ed “ecologicamente corretto”.

 

  • A. Campi, portaombrelli “Spaziale”, terraglia forte a cottura unica, formata a colaggio, 1949, manifattura SCI, Laveno
  • A. Pozzi, servizio per due “Cono”, terraglia smaltata bianco mat, 1969, Ceramiche Pozzi per Pier Cardin
  • A.Mangiarotti, vasi “Tremiti Square”, ceramica a colaggio, 1964, Produzione Danese, Milano
  • U. La Pietra, candelabro “Souvenir di Vietri sul Mare”, ceramica, 1999, Milano
  • M. Thun, tazzina Illy, ceramica 1987
  • M. Thun, vrsatore, terraglia con vernice, 1982, Memphis, Produzione Alessio sarri, Sesto fiorentino

 

 

Gli anni contemporanei, a fianco della consacrazione dell’ Italian Style, vedono profilarsi varie correnti di pensiero, dalla nuova sensibilità ambientale alla consacrazione del fashion-system e del marketing, dal confronto tra industria e artigianato alla rinuncia a risolvere tale divario attraverso il “contro - pensiero” delle “post - avanguardie”. In questa congerie culturale, molte e diverse sono le voci creative. Ugo La Pietra, partendo da un’ispirazione ecologista, propone prodotti che rintracciano la memoria locale attraverso un approccio artigianale distante dai riflettori del design “ufficiale”; il gruppo Memphis, dai vasi “totem” del primo Sottsass, arriva ad assemblare forme pure in modo provocatorio, antirazionale e antifunzionalistico; Matteo Thun gioca con immagini zoomorfe e salti di scala tra oggetto di design e architettura; le design factories Alessi (con i contributi di Mendini, Nardi, Natalini, Dalisi, Stark, Fuksas,…) e Driade (Astori, Tusquets, Mari, Navone,…) fondano laboratori di idee che sono vere e proprie fucine progettuali; le grandi aziende (Richard - Ginori, Lavazza, Illy,…) promuovono entusiastiche collaborazioni con alcuni dei più grandi designers (Armando Testa e Zanuso per Lavazza, Thun per Illy,…) e artisti visuali (Schnabel, Pistoletto, Koons,…, per la Illy Art Collection) del nostro tempo.

 

M. Zanini, teiera “Colorado”, ceramica 1983, Memphis, Produzione ceramiche Flavia, Montelupo
M. Zanini, teiera “Colorado”, ceramica 1983, Memphis, Produzione ceramiche Flavia, Montelupo

 

L’esteso universo della produzione ceramica copre attualmente ogni fascia d’utenza. La ricerca, oggi più che mai attiva anche grazie al contributo di alcune realtà produttive culturalmente vivaci e propositive, si muove in direzioni inesplorate, per conquistare sempre più attivamente le richieste del mercato e sondare nuove possibilità espressive e di innovazione tecnologica di un materiale unico, versatile, antico ma al contempo profondamente contemporaneo, e ancora oggi fonte di inesauribile ispirazione in campo progettuale.

Chiara Testoni


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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