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La plurivocità della carta.
Strumento per la didattica, supporto per il design

10 Luglio 2013

Honey-Pop Armchair, Tokujin Yoshioka, 2001. Sedia in carta a nido d’ape.

«Cultura è comunicazione. Ogni oggetto creato dall’uomo, sia che appartenga al suo bagaglio materiale o simbolico, è comunicativo».
La riflessione, evinta da un più ampio costrutto teorico sull’uomo e il linguaggio espresso da Tomás Maldonado nel 1953, ci sembra attuale e viva anche nella contemporanea società del Terzo Millennio1, ove il design di prodotto può dirsi inestricabilmente intrecciato al design dei prodotti astratti e della comunicazione. Ogni artefatto, anche solo attraverso la sua configurazione formale, si inscrive nella sfera della comunicazione rispondendo ad un intenzionalità esterna, al soddisfacimento delle esigenze di una committenza (emittente), e dialogando con essa per disporre il progetto verso l’utilizzatore finale (destinatario).
In più, oltre ai prodotti tout-court, nel mondo del progetto, si annoverano dispositivi composti di materia (o anche di supporti immateriali) e di segni, ove i contenuti comunicativi, attraverso il linguaggio, trasmettono un pensiero supportato dall’oggetto stesso, arricchendolo e completandolo, e lo trasformano da semplice artefatto in “artefatto comunicativo”2.

 

Design della comunicazione. Metodologia di definizione di un progetto di mostra in Palazzo Tassoni Estense.

Identità visiva per il progetto di mostra
Il principio che accompagna il percorso di ricerca in ambito didattico che perseguiamo da alcuni anni, sotto la guida di Alfonso Acocella con il Laboratorio MD – nello specifico attraverso il corso Laboratorio di Metodologie per la definizione di progetto –, si identifica con la necessità di coltivare l’attitudine creativa degli allievi nel quadro di una disciplina fatta di indagine, di operatività costante, di rispetto di regole consolidate in un preciso contesto, di conoscenza di metodi, codici e tecniche del mestiere e, allo stesso tempo, accogliendo in progress le idee e opportunità che emergono dal percorso progettuale.
Il tema prescelto per l’A.A. 2011-2012 è stato il progetto di identità visiva e la declinazione nei formati della comunicazione per il metaprogetto di una mostra dedicata al Paper Design con ipotesi allestitiva all’interno degli spazi di Palazzo Tassoni Estense. Tale contesto di lavoro è stato individuato poiché in esso convergono e si concentrano: la ricerca e la conoscenza teorica su di un tema di interesse specifico, il Paper Design; l’esperienza sensibile di un materiale, carta e cartone; l’acquisizione degli strumenti di base della comunicazione visiva; l’esercizio di ricerca formale ed espressiva essenziale per l’apprendimento del progetto.

“Carta e cartone” dunque come l’orizzonte di ricerca e di lavoro progettuale comune, nella loro accezione bidimensionale e tridimensionale. Si è indagato il ruolo esercitato da tali materiali nel panorama contemporaneo del design, individuando e studiando artefatti di qualità realizzati con materiali innovativi in fibre cellulosiche prodotti con moderne tecnologie, oltre al rapporto tra l’oggetto e gli utilizzatori finali, i relativi modi d’uso.
Carta e cartone, inoltre, sono risultati materiali ideali per la sperimentazione e la configurazione formale degli artefatti del meta progetto di comunicazione sulla mostra Paper Design. La complessità dei segni impressi sulle superfici, la dinamica delle forme conferite ad esse, le dimensioni e colore, alimentano l’apprendimento del metodo di progetto attraverso l’esercizio percettivo e pratico-manuale. Facendosi medium del messaggio, carta e cartone permettono di raggiungere la dimensione tangibile del progetto stesso, avvalorando l’apparato comunicativo di sensazioni inedite, visive e tattili, frutto della combinazione dei sensi con i supporti.
Si è svolto dunque un percorso disciplinare dal carattere duplice, che può leggersi sia lungo la sequenza dei temi declinati nell’ambito del Paper Design attraverso esperienze ed esempi documentati, sia attraverso lo sviluppo dei singoli esercizi di grafica applicata, di comunicazione visiva.
La ricerca su temi inerenti il progetto contemporaneo di design in carta e cartone – costantemente guidata dai docenti integrando le fonti tradizionali cartacee con una sistematica navigazione su web – ha condotto ad repertorio di settori di indagine e sviluppo, nonché a possibili temi di approfondimento e analisi critica.
Tali temi esplicitano le ipotesi possibili del progetto curatoriale della immaginata mostra Paper Design.

Simmetricamente i lavori grafici pronunciano linguaggi autonomi; sia pur sempre affidati al medium materico della carta quale supporto del progetto comunicativo legato all’esperienza del laboratorio didattico, le scelte visive esprimono le interpretazioni dei singoli inscrivendole al contempo in un racconto complessivo, generale, sul tema.
Nello svolgersi del progetto, mentre gli studenti si interrogano sulla linea di ricerca da intraprendere sul campo – seguendo personali interessi o “scoperte” all’interno del Paper Design – sono invitati a cercare una possibile forma di riconoscibilità, di identificazione del progetto di exhibit design da presentarsi agli occhi di potenziali fruitori in uno specifico contesto di comunicazione culturale di ambito istituzionale. Guidati a prefigurare le soluzioni che riguardano gli aspetti visivi del sistema di identità della mostra, i discenti assumono le vesti di veri e propri art-director del progetto.

  • Dettaglio di fabbricazione di bobine di carta.
  • Grandi bobine di carta.
  • Grandi bobine di carta.
  • Dettaglio di procedimento di goffratura della carta.

 

 

Configurazione formale del progetto e basic design della comunicazione visiva
I materiali d’indirizzo del laboratorio – carta e cartone – sono stati, simultaneamente, soggetto e oggetto della rappresentazione, protagonisti della ricerca tematica e anche supporto degli elaborati del progetto narrativo e comunicativo.
Definiti con chiarezza i vincoli del progetto (i formati, le dimensioni, le quantità richieste per la proposta di visual design conclusiva), affinché gli studenti divenissero consapevoli delle diverse qualità tipologiche degli artefatti fisici loro richiesti, la prima fase della sperimentazione è stata svolta attraverso la costruzione di format bidimensionale di carta “in bianco”.
Tale esercizio ha comportato la realizzazione di precise riproduzioni in carta, rigorosamente neutra, sviluppando fisicamente i format di progetto. Un approccio al lavoro laboratoriale facile e accessibile per l’economicità del supporto stesso, per la duttilità a lavorarsi e la flessibilità che la carta conferisce alle forme.
Il processo progettuale e configurativo è partito dalla bidimensionalità originaria del materiale pervenendo alla terza dimensione senza aggiungere valori semantici ma ragionando unicamente sulle qualità, dimensioni e forma, del supporto stesso.
Semplici flyer, cartelline pieghevoli, cartoline, manifesti, piccoli libri, oggetti di packaging; tutti progetti dalla tridimensionalità raggiunta, con più o meno evidenza, partendo dalle due dimensioni del foglio.

Prima ancora di rapportarsi con la stampa, risultato tangibile del mix tra carta e deposizione di inchiostro, affinché la natura tattile del progetto non passi in secondo piano, l’atto riproduttivo di forme geometriche in carta e cartone induce ad acquisire la consapevolezza dell’esistenza di diversi tipi di supporti, a testarne le caratteristiche ottiche e fisiche quali la tonalità, l’opacità, la tessitura, la morbidezza, lo spessore. Esperienza quale eredità di manualità e di contatto con la materia, prima di ogni avvicinamento degli studenti agli strumenti virtuali ed immateriali del personal computer.
Tagliare, piegare, deformare la carta, sono atti semplici ma che, nel ripetersi, insegnano l’importanza della relazione tra forma e materia, preparano alla precisione e alla buona restituzione del risultato finale.
La sperimentazione finalizzata alla realizzazione di basilari manufatti con utensili semplici e ridotti – come taglierini, righelli –, insegna a considerare il comportamento della materia rispetto alle modificazioni formali ad essa impresse. Esercizi in linea con il metodo di apprendimento esercitato dall’imprescindibile lezione di “insegnamento creativo” trasmessa da Josef Albers negli anni del Bauhaus3, quando gioco e sperimentazioni si fanno strumento didattico di indagine ancor prima delle spiegazioni teorico-critiche.
La fase finale del laboratorio è legata al lavoro creativo dell’integrazione degli artefatti fisici con i linguaggi astratti dei testi, dei disegni, delle fotografie. L’insegnamento del metaprogetto si svolge dunque integrando supporti materici, “scritture” ad apparati figurali, segni in superfici narrative, indicando la necessità di una relazione diretta ed eloquente tra il contenuto del messaggio e il supporto, tra significato e forma.
Tra i procedimenti critici che si è ritenuto utile trasmettere, tanto in fase di ricerca quanto di progetto, vi è lo studio delle caratteristiche dell’immagine: aiutare a guardare con consapevolezza visiva e interpretativa gli artefatti che ci circondano; insegnare a leggere le rappresentazioni, l’iconografia del mondo contemporaneo dell’informatizzazione attraverso una prospettiva (tecnica, visiva, interpretativa).
Essere in grado quindi di ricercare, selezionare e valutare la qualità delle immagini rispetto all’oggetto reale, cogliere le loro potenzialità rispetto alla valorizzazione del progetto narrativo.
Ciò soprattutto è valido al presente, in un’epoca in cui l’utilizzo di strumenti produttivi “programmati” tende ad annichilire, ad impoverire, la cultura legata al visivo, riducendo il progetto all’utilizzo delle competenze tecniche informatiche standardizzate (si pensi per esempio alla pervasività di Photoshop, strumento fondamentale ma omologante per il trattamento dell’immagine, come quella di Indesign per le strutturazioni tipografiche).
Per dirla con Ellen Lupton concordiamo che «gli strumenti informatici offrono modelli di mezzi di comunicazione visiva ma non ci dicono cosa fare o cosa dire. È compito del designer produrre lavori che siano rilevanti per situazioni concrete (…) e offrire messaggi ricchi e eloquenti così come l’emozione di esperienze significative»4.

  • G. Marx, Moholy-Nagy. Trattamenti superficiali ottenuti con diversi strumenti sulla carta, 1927. (foto Erich Consemüller)
  • Vorkurs, corso preliminare, studi condotti sotto la guida di Josef Albers: la trasformazione del foglio di carta dalle due alle tre dimensioni, 1926. (foto Erich Consemüller)
  • Vista di dettaglio di una spirale di carta eseguita da Aryeh Sharon per il Vorkurs di Josef Albers, 1926.

Educare al linguaggio del visibile corrisponde a trasmettere un primo essenziale strumento di lettura critica e, indirettamente, progettazione che muove forme e colori sul piano, per poi passare progressivamente alla tridimensionalità.
Tale processo è essenziale per trasmettere un metodo, per acquisire sensibilità verso il senso delle proporzioni e l’ordine visivo della composizione.
Il percorso didattico è stato permeato dall’insegnamento delle regole basilari relative alla misura del foglio e alla “messa in pagina” dei contenuti astratti. Insieme agli studenti è stato svolto un percorso di individuazione e analisi della griglia grafica di alcune delle principali riviste contemporanee di design-architettura-arte, al fine di acquisire la coscienza di variegati lay-out, delle regole sottese e delle “strategie” creative e compositive.
Distinguendo ed evidenziando spazi, proporzioni, grandezze della pagina, font, nonché margini, lunghezze della riga, altezze e variazioni di ogni singolo progetto, gli studenti hanno avuto occasione di interiorizzare le logiche di progetti maturi ricevendone stimoli per il loro stesso progetto, governandone le gabbie, impostandone regole sottese.
Non sono mancati l’attenzione e l’approfondimento per le figure della scrittura per eccellenza: le lettere dell’alfabeto. Guidando lo sguardo verso gli elementi “atomistici” del linguaggio con un rinnovato punto di vista, le lettere sono apparse agli studenti, forse per la prima volta coscientemente, quali entità grafiche a sé; la loro tipologia, dimensione, disposizione nello spazio del foglio si è rivelata come una delle possibili varianti di progetto.
I giovani progettisti quindi, nell’ideare titolo e sottotitolo della loro personale declinazione di mostra, quindi il logo-tipo dell’evento di Paper Design, sono stati invitati a creare una espressione grafica autonoma, a divenire autori dell’idea di mostra e insieme della sua forma grafica sulla superficie del foglio.
Oggi l’informatizzazione dei segni, la disponibilità infinita dei caratteri digitali, la massima manipolabilità delle immagini e soprattutto la crescita della fruizione di contenuti (testi, immagini, video) su dispositivi elettronici, tende a trasmettere un messaggio di apparente liberazione da ogni vincolo imposto dai supporti materici. Riteniamo, invece, proficua una strategia di integrazione dei due mondi (fisici e virtuale) che continui a misurarsi con i materiali tradizionali senza disdegnare gli apporti delle nuove tecnologie digitali. 

  • Snakeskin Paper Towel, Kengo Kuma. asciugamani in carta giapponese washi trattati con pattern effetto pelle di serpente.
  • Snakeskin Paper Towel, Kengo Kuma. asciugamani in carta giapponese washi trattati con pattern effetto pelle di serpente.
  • Snakeskin Paper Towel, Kengo Kuma. asciugamani in carta giapponese washi trattati con pattern effetto pelle di serpente.

 

Per la proposta progettuale finale richiesta agli studenti – un corpus di idee che svelasse i tanti volti del Paper Design – i linguaggi espressivi adottati differenti, talora timidi, a volte del tutto disinvolti, sono stati mediati dall’indicazione di conservare un’espressione pulita, neutra, del messaggio. Un appello alla chiarezza, alla precisione, alla nitidezza, alle forme semplici e colori basici per evitare confusione, per trasmettere leggibilità e distinguibilità.
Percorsi personali o svolti in coppia a parte degli studenti, da realizzarsi con mezzi semplici e tecniche di stampa e prototipazione accessibili che escludessero il ricorso a tipografie esterne o a laboratori di modellazione.
Agli studenti del corso è stata richiesta una ricerca specifica sul lettering, la scelta di caratteri tipografici istituzionali da coniugarsi con quella iconografico contenutistica, il progetto di un logotipo personalizzato della mostra con precisi riferimenti cromatici; infine, quale valore aggiunto, l’impegno al raggiungimento di una composizione coerente degli elementi che conformasse ed esprimesse il contenuto. Ciò affinché, nell’insieme, le proposte progettuali si configurassero come espressione di “personalità” in fieri e al contempo non casuali e asettiche composizioni rispetto al contenuto. È nostro auspicio che gli studenti – creativi in nuce – nel restituirci un quadro “interpretato” del contemporaneo panorama del Paper Design, abbiano assimilato gli strumenti e i valori trasmessi dalla sperimentazione “con” e “sul” materiale cartaceo, riconoscendo la pratica del visual design quale componente necessaria del processo creativo e della crescita culturale.

Note
1 Tomás Maldonado, “Problemi attuali della comunicazione”, p. 28, in Tomás Maldonado, Avanguardia e razionalità: articoli, saggi, pamphlets 1946-1974, Torino, Einaudi, 1974, pp. 306.
2 La nozione di “artefatto comunicativo” è stata coniata negli anni Ottanta del secolo scorso da Giovanni Anceschi, dopo un lungo periodo di ricerche nel panorama di studi sui fenomeni della grafica e delle comunicazioni visive, volti alla specificazione critica della disciplina del design della comunicazione e della stessa sua professionalità operativa.
3 Josef Albers (1888-1976), durante i suoi anni di docenza nella scuola del Bauhaus (1923-1933), preferì fra tutti la carta come materiale per gli esercizi di apprendimento induttivo che svolgeva con gli studenti del corso preliminare. La concettualità di Albers è espressa nel saggio “L’insegnamento creativo” ove illustra i metodi e le finalità dell'insegnamento. Josef Albers, “L’insegnamento creativo”, pp. 166-168, in Hans M. Wingler, Il Bauhaus: Weimar Dessau Berlino 1919-1933, Milano, Feltrinelli, 1972, pp. 575.
4 Dall’introduzione a Ellen Lupton e Jennifer Cole Phillips, Graphic Design: The New Basics, New York, Princeton Architectural Press, 2008, p. 247.


Veronica Dal Buono

Il presente saggio è tratto dal volume di Lab MD MaterialDesign Comunicare idee con carta e cartone, (a cura di Alfonso Acocella), Lulu edizioni, 2012, pp. 88.


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