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Il cibo e i sensi

18 Gennaio 2011



1. Sviluppo di un prodotto sensoriale: il cibo
Nella rivista Ventiquattro di ottobre si poteva leggere un articolo sul futuro del cibo:
 “Per un nuovo snack, per esempio, l’idea iniziale può venire dai dipendenti dell’azienda che intende produrlo (spesso si fanno sondaggi in fabbrica) o anche dal pubblico. Esistono infatti agenzie specializzate che chiedono ai consumatori di cosa avrebbero voglia. (…) Come per un sugo o un wurstel, si parte dall’aspetto del packaging e del contenuto. Si modificano foto e snack già in commercio – l’Image Lab di Kraft, cuore pulsante del suo reparto di R&D, si spinge oltre e “photoshoppa” gli oggetti più vari trasformandoli in dolci digitali – poi se ne sottopongono le immagini al giudizio dei consumatori. Sarà una barretta particolarmente spessa? Da mordere sugli angoli o larga come un solo boccone? Con una striscia colorata in superficie? Per gli snack virtuali che passano questo primo esame studiano i costi di fabbricazione, stoccaggio e distribuzione, e si elaborano ricette con il supporto di psicologi della percezione, sound designer specializzati in cibo, artisti, nutrizionisti, economisti, chimici, pubblicitari e infine cuochi.
Il campione viene quindi ritestato sul target: l’inedita nuance di marrone suggerita dai psicologi è risultata stimolante, e non sgradevole, al pubblico over 40 cui lo si vuole destinare? La sua forma è in grado di evocare emozioni adulte senza violare alcun tabù culturale? La sua farcitura alla fragola è troppo rossa per sembrare naturale?”1



La creazione di un nuovo prodotto coinvolge sempre una serie si specialisti, e più complesso è un prodotto, più tempo ci si mette per svilupparlo e per metterlo sul mercato. Più sono anche i rischi di fallimento, mentre a quanto sembra, le vere innovazioni, o addirittura rivoluzioni tecnologiche o funzionali sono una rarità. Pertanto le grandi aziende producono in continuazione enorme quantità di proposte, persino prodotti immessi nel mercato per non farsi sfuggire nessuna occasione di mercato, pur consapevoli che la maggior parte di prodotti avrà una vita breve e sparirà presto dai reparti e scaffali.
Questo non significa, in un processo globale, il fallimento (del prodotto, di un reparto) per l’azienda, che appunto produce soluzioni per testarli e per capire il comportamento dei suoi possibili clienti. Un numero gigante di idee e prototipi corrisponde ad una percentuale molto più piccola di soluzioni prodotti realmente e solamente un numero irrisorio porterà al successo sperato. Nel campo del prodotto costoso, tecnologico, dove un prodotto errato (per qualsiasi motivo, e se fosse “semplicemente” per il fatto che non piace) costituisce anche un pericolo di sopravvivenza per l’azienda come per esempio nel mercato automobilistico, è evidente che si “scherza” meno con verifiche di “piacevolezza” direttamente sul mercato. Invece, a quanto pare, sul mercato del cibo, è piuttosto pratica comune.



Forse anche comprensibile se si pensa quali sono i parametri da controllare per il successo del prodotto: gli aspetti sensoriali. Gli aspetti sensoriali, quindi quella parte del corpo umano che viene sollecitato da stimoli provenienti dall’esterno per essere elaborato al livello cognitivo, sfuggono tuttavia ad un controllo matematico, nonostante gli grandi sforzi della scienza, e rimangono un corpus soggettivo, al quale ognuno reagisce in modo differente. Possono infine creare emozioni, che per un verso o l’altro influiscono lo stato d’animo. Per un cibo, piuttosto facile se si pensa che oltre alla vista vengono coinvolti olfatto, gusto e tatto, ognuno per modalità e sollecitazione diversa.

2. Coinvolgimento emotivo


“Le emozioni sono una realtà molto complessa e, in gran parte, ancora misteriosa, nonostante nel corso dei millenni siano state esplorate da filosofi e letterati, e siano state studiate scientificamente in modo sistematico da oltre un secolo a vari livelli (biologico, soggettivo, relazionale, culturale). La complessità delle emozioni dipende essenzialmente dal fatto che esse, congiuntamente, hanno profonde radici neurobiologiche nel nostro organismo, sono un’esperienza soggettiva dotata di importanti significati in connessione con i propri interessi e scopi, hanno una valenza sociale nelle relazioni con gli altri e sono definite dalla cultura di appartenenza. Tutti questi aspetti interagiscono fra loro e s’influenzano a vicenda in modo profondo, con la conseguenza che le emozioni costituiscono esperienza multiforme che attraversano e pervadono tutto il nostro organismo in ogni sua aspetto. Una complessità talvolta così elevata che diventa difficile persino dare un nome alle proprie esperienze emotive.”2

A fronte di tale complessità è significativo che anche per la creazione di un nuovo prodotto “cibo” si parta dagli aspetti visivi, come accennato sopra, in quanto si parte dal packaging e del contenuto. Il contenuto viene “esplorato” attraverso tecniche digitali per raggiungere un primo grado di estetica e aspetto gradevole per un eventuale target di utenti. Si può dedurre, che gli aspetti estetici visivi siano condivisibili, siano descrivibili (cosa piuttosto importante durante la valutazione del prodotto) e siano valutabili. Un aspetto piuttosto sorprendente è il tardo coinvolgimento del cuoco (per lo meno nell’elenco sopracitato), figura professionale per eccellenza della creazione di cibo e piatti prelibati. La produzione di massa, evidentemente, non cerca il palato fine di uno chef, ma le capacità del marketing a comunicare il carattere richiesto dal mercato per un nuovo prodotto: è esempio la Red Bull, bevanda che deve il suo successo soprattutto al marketing.

“La percezione della qualità da parte dei consumatori dipende da molti fattori. Utilizzando specifici metodi di verifiche sensoriale si possono misurare la qualità della percezione sensoriale e il godimento. Mentre il consumatore può fare affermazioni sul fatto che il prodotto piace o non piace, esaminatori addestrati possono dare dichiarazioni differenziate su aspetto, odore, sapore del cibo e sulla sensazione in bocca che innesca. Per questo tipo di analisi si usa l’uomo come strumento di misurazione. A differenza di una bilancia o un gascromatografo, l'uomo non è molto selettivo - le singole percezioni non possono essere percepite in isolamento anche dopo molta formazione. Inoltre, l’uomo viene fortemente influenzato da fattori endogeni ed esogeni, per cui il giudizio sensoriale può essere distorta.”3



Anche in un istituto rinomato come il TTZ di Bremerhaven, che è specializzato sulla valutazione del cibo, e infine sulla definizione quali saranno i trend di cibarsi in un prossimo futuro, la prova viene fatta dal e con l’uomo, misuratore della qualità sensoriale. E anche in questo caso, il coinvolgimento congiunto di più sensi riesce a stabilire il successo di un prodotto: vista, udito, olfatto, gusto e tatto.

3. Il ruolo dei sensi



“I colori influenzano moltissimi aspetti della nostra vita. Per cominciare, sono in grado di alterare nettamente il sapore di cibi e bevande: provate, usando coloranti alimentari, a tingere il latte di rosso o l’aranciata di blu. Il pane colorato, introdotto negli Stati Uniti qualche tempo fa, rimase sugli scaffali. Proviamo repulsione per cibi di colore sbagliato anche quando sappiamo che le loro proprietà nutritive restano invariate, e che  nessuno sta tentando di avvelenarci. Ai partecipanti ad un esperimento venne offerto un pasto a base di bistecca, patatine fritte e piselli, colorati in modo abnorme ma serviti in condizioni di illuminazione tali che non fosse possibile rendersene conto. Il cibo riscosse grande successo finché non vennero accese le luci. La constatazione che in realtà la bistecca era azzurra, le patatine verdi e i piselli rossi ebbe effetti così dirompenti che quasi tutti i commensali furono presi da una violenta nausea.”4

E’ innegabile che la vista gioca anche per il consumo del cibo un ruolo fondamentale, e ricerche come quello sopracitato, o semplicemente l’aspetto di piatti particolarmente elaborati suscitano un forte coinvolgimento emotivo ancor prima del consumo. Il tutto nasce ovviamente nella capacità dell’uomo di distinguere cibo sano e fresco da quello vecchio e marcio, in modo da evitare intossicazioni. Questa caratteristica è talmente forte, che nonostante l’industria alimentare stia provando a rovesciare certi abitudini, almeno affinché si tratta di cibo naturale.



Chi ha vista “Ratatouille” di Walt Disney ha ben presente l’effetto suscitato dal piatto omonimo sul critico Albert Ego: un viaggio nel tempo, nella memoria della sua infanzia. Ecco come il profumo, quindi l’olfatto entra in gioco nel momento in cui la forchetta con la prima porzione tocca la lingua e la cavità orale.
Ma a quanto gli esperti del TTZ, e del Centro Ricerche Nestlè, gli aspetti della croccantezza ricoprono un ulteriore aspetto fondamentale: sinonimo di freschezza, il suono di un cibo racconta della sua consistenza. Quindi vengono coinvolti udito e tatto, per quanto accompagnato dal rumore piacevole di un pane che scrocca: c’è la resistenza tra le dita della mano e la tessitura della sua superficie a creare un legame tra aspetto e fisicità del cibo stesso.

Andreas Sicklinger

Per qualche approfondimento ulteriore:
http://it.wikipedia.org/wiki/Food_design
http://www.fooda.org/

Note
1 Sasha Carnevali, Cosa mangerete, Ventiquattro, N°10 del 1° ottobre 2010
2 Luigi Anolli, Introduzione in Keith Oatley, Breve storia delle emozioni, Bologna 2010
3 Fonte: http://www.ttz-bremerhaven.de/de/dienstleistungen/sensorik/projekte-sensorik/489-kosadat.html, traduzione dell’autore
4 Paola Bressan, Il colore della luna, Bari 2008


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