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Per una ergonomia della lettura: fra libro ed E-Book

21 Marzo 2016


Archiviazione

 

“Il libro appartiene a quella generazione di strumenti che, una volta inventati, non possono più essere migliorati. […] Il libro è ancora la forma più maneggevole, più comoda per trasportare l’informazione. Si può leggere a letto, si può leggere in bagno, anche in un bagno di schiuma” (Eco, 1993, pp. 359, 370).
Il libro è un oggetto ergonomicamente perfetto. L'indiscutibilità di questa affermazione di Umberto Eco, supportata dall’autorevolezza e dalla credibilità del suo autore, apparentemente non lascerebbe spazio alla discussione. Tentare di confutare un concetto così intuitivo, tanto convincente quanto tangibile costituisce una sfida improba per chiunque. L’ergonomicità del libro stampato è evidente sin dal primissimo incontro con l’oggetto libro; si è di fronte ad una sensazione, ad una percezione, che si rinnova ogni volta. Già il primo contatto con il libro, attraverso l’immagine di copertina, è un evento che magnetizza l’attenzione. L’esperienza visiva e cognitiva prosegue negli attimi successivi, ancora prima del contatto fisico, quando la mente inizia a soppesare la dimensione, stimando il numero di pagine, il peso. L’esperienza sensoriale coinvolge successivamente anche altri sensi: il tatto, che ci restituisce i primi feedback (lo spessore ed il materiale della copertina e delle pagine, il peso effettivo); l’olfatto, attraverso l’odore della carta che viene rilasciato mentre si sfogliano le pagine. Questi caratteri e legami così forti tra oggetto ed esperienza vengono definiti come aspetti cruciali nell’affermazione del primato del libro come artefatto fisico ideale, come strumento di lettura, conseguentemente qualunque tentativo di migliorarlo è destinato al fallimento (Darnton, 2011, pag. 72). Non è difficile trovare sostenitori di questa tesi. Gino Roncaglia definisce il libro come «un oggetto familiare di cui conosciamo storia, scopi e natura. Un oggetto che sappiamo come selezionare e produrre […], che sappiamo come promuovere, […] che sappiamo dove acquistare, che […] sappiamo come leggere» (Roncaglia, 2010, pag. IX).
Roberto Casati ci spiega come un libro offra vantaggi su due livelli differenti, un livello fisico e un livello cognitivo, conseguenza della storia e della cultura relativa all’oggetto in questione (Casati, 2013, pag. 42). A livello fisico l’interazione con il libro è istintiva, frutto della linearità della scrittura a codice; ciò nondimeno sappiamo anche soppesare con le mani o con la vista quanto rimane da leggere: un fattore importante, quest’ultimo, che può modificare il ritmo di lettura1.
A livello cognitivo i vantaggi sono ancora più evidenti una volta che sono presentati: la linearità semplifica la comprensione, gli argomenti vengono offerti nello spazio di doppie pagine frontistanti, stabili e non scorrevoli, che permettono di tenere sott’occhio molti pensieri alla volta. Il libro, inoltre, si presenta attraverso la sua individualità, ci isola rispetto ad altri artefatti cognitivi che potrebbero entrare in concorrenza con la lettura.
Nonostante il libro sia un oggetto ergonomicamente perfetto e imperfettibile, c’è una manifesta necessità di discutere e dibattere oggi questa affermazione.
L'Ergonomia2 è di per sé una disciplina che necessita di essere costantemente definita, interpretata, evoluta. Quando parliamo di libro ci sono fattori esterni all’artefatto fisico in sé che ci spingono attualmente verso nuove riflessioni.
Sempre più frequente negli ultimi anni è la crescita e avanzamento del mercato editoriale digitale. Tra queste previsioni, alcune affermano che a breve il mercato dei libri digitali supererà il mercato dei libri stampati. Il primato del libro cartaceo sembra minato da un oggetto intangibile, impersonale; l’e-book, contenitore e diffusore di contenuti, di narrazioni in diverse modalità di supporto fisico e di esperienza cognitiva.
La necessità di affermare e argomentare la perfezione del libro stampato – confrontandolo con il suo alter-ego elettronico/digitale – deriva da una difesa rispetto al rimpiazzo, alla minaccia, causata dall’avvento e dai primi successi dell’editoria digitale. Ritenendo realisticamente che i libri elettronici non sostituiranno mai completamente la carta stampata come strumento di conservazione e diffusione del sapere, è di grande interesse cercare di mettere a fuoco alcuni dei vantaggi offerti dall’uno o dall’altro, di tradurli in un linguaggio più familiare al mondo della progettazione.

 


Libro cartaceo ed E-Book a  confronto

 

L’ergonomia del libro
Se il libro stampato è un artefatto ergonomicamente perfetto può risultare utile cercare di rispondere a una domanda apparentemente molto semplice. Di cosa parliamo quando parliamo di ergonomia del libro? Quando Casati espone i suoi argomenti sui vantaggi del libro cartaceo rispetto a quello digitale, distingue tra due livelli quello fisico e quello cognitivo (Casati, 2013, pp. 36 - 42). Ergonomia fisica ed ergonomia cognitiva sono d’altronde aree di specializzazioni dell’ergonomia, assieme all’area organizzativa.
Il livello zero della disciplina ci chiede di considerare alcuni semplici fattori per perseguire un approccio ergonomico; più precisamente, in un progetto l’ergonomia definisce gli obiettivi da conseguire, le caratteristiche specifiche della popolazione di riferimento, i processi e le tappe che devono essere svolti, i vincoli esistenti, i fattori riguardanti l’ambiente fisico, organizzativo, sociale, ai cicli di vita e gli eventuali cambiamenti dinamici al suo interno.
Semplificando, i fattori chiave che caratterizzano l’ergonomicità in un progetto sono legati a pochissimi ma fondamentali elementi inerenti alla natura dell’oggetto, alle capacità e ai bisogni di chi ne fruisce, al tipo di interazione necessaria al soddisfacimento delle attese e legate esperienza dell’utente, al contesto in cui questa interazione avviene.

 

Che cos’è un libro?
La letteratura tratta questo argomento in maniera più che esaustiva. Non è questa l’occasione in cui discutere filologicamente sul significato ontologico del libro. È più utile forse analizzare in maniera semplice e intuitiva alcuni elementi caratterizzanti l’ergonomia del libro scegliendo un approccio pertinente agli scopi della trattazione.
Un libro ha una natura duale: è il contenuto che esso veicola (testo e/o immagini) assieme all’artefatto utilizzato per visualizzarlo. Il libro è, quindi, sia un concetto che un oggetto, e questa sua natura ambivalente non può in alcun modo essere scissa. Questa definizione, discutibile a tutti gli effetti, aiuta a capire come il discorso relativo all’ergonomicità, tradizionalmente intesa, possa riguardare primariamente uno soltanto di questi due aspetti del libro: ossia l’essere dell’oggetto fisico. Ma se non si può parlare di ergonomia della scrittura, è possibile, forse, approfondire l’ergonomia della visualizzazione dei contenuti attraverso un’interfaccia fisica, l’utilizzo dello spazio, l’interazione per fruire tale rappresentazione.

 

Qual è la finalità di un libro?
Lo scopo di un libro è di trasmettere informazioni, indipendentemente dal supporto fisico e da come queste possano essere rappresentate. Non è la finalità di un libro che cambia nel passaggio tra cartaceo e digitale, bensì la modalità d’uso e – eventualmente – le modalità narrative e quelle fruitive legate al supporto che il lettore utilizza. Una storia, una ricetta, un romanzo, un saggio, un testo scientifico, sono rappresentazioni di informazioni che si rivolgono ad utenti differenti, con lo scopo di comunicare contenuti. Quello che cambia è la tipologia del lettore e la modalità di fruizione dei contenuti da parte di questi utenti. Un testo universitario avrà come fruitori studenti (una popolazione ben identificabile dal punto di vista fisico, da una specifica fascia d’età e dalle caratteristiche antropometriche che ne conseguono, e cognitivo, per l’attitudine ad un certo tipo di studio); la modalità di fruizione sarà contestualizzata all’interno dell’attività di studio: quindi a casa, o su un banco universitario, con un alto livello di concentrazione. Un libro di narrativa, secondo il genere che esso tratta, avrà una popolazione di utenti certamente più varia, secondo le preferenze di lettura, che utilizzerà il libro principalmente per scopi di intrattenimento, con una fruizione più libera nei contesti ambientali più diversi.
È importante sottolineare questi aspetti in quanto la caratterizzazione della popolazione di riferimento e, ancor più, le modalità di fruizione ch’essa fa di un libro, sono riconducibili a caratteristiche ergonomiche nette, definite.

 


Contesto d'uso, mobilità

 

Chi sono gli utenti di un libro? Chi dell’e-book?
Le teorie più aggiornate nel campo dell’ergonomia ci suggeriscono di affrontare un progetto da un punto di vista sistemico e generale. Un errore abbastanza diffuso è quello di lavorare eccessivamente su ogni dettaglio di un artefatto, trasformandolo in un prontuario di ergonomia, salvo poi rendersi conto che questi aspetti sono legati a una sola fase del suo ciclo di vita. Ciò significa che un oggetto ergonomicamente corretto deve tenere conto di tutti gli attori che ad esso si relazionano, non solo l’utente finale, ma anche chi si interfaccerà con esso nel processo di sviluppo, produzione, trasporto, vendita, fruizione, conservazione, eventuale fine vita. È possibile individuare, in generale, quanti siano effettivamente i potenziali utenti di un oggetto.
Soffermiamo l’attenzione sull’utente finale, inteso come fruitore dell’oggetto libro (cartaceo e non).
Che caratteristiche fisiche e cognitive può avere? La riposta a questa domanda è indeterminata, nel senso che chiunque sia in grado di interpretare un codice di rappresentazione scritta (o illustrata) è, alla fine, un lettore. È fondamentale inserire il concetto di contesto d’uso per poter differenziare le potenziali tipologie di utenti e incominciare a caratterizzarle per trarne elementi operativi di progettazione ergonomica. Ne illustriamo tre, scelti secondo un criterio che prende spunto da “La quarta Rivoluzione” quando l’autore definisce tre diverse situazioni di fruizione di un testo (leanforward, lean back e mobilità):
«La fruizione leanforward è quella che si ha quando siamo ‘protesi in avanti’ verso l’informazione, come facciamo scrivendo, studiando un libro seduti alla scrivania […] o lavorando al computer. […]. La modalità leanback è invece caratterizzata da una fruizione rilassata, ‘appoggiati all’indietro’ (ad esempio in poltrona), di una informazione che ci assorbe ma da cui possiamo lasciarci trasportare senza la necessità di interventi attivi di elaborazione e manipolazione. […] Infine, le situazioni di mobilità determinano una ulteriore tipologia di uso dell’informazione[…] sull’autobus e in metropolitana, quando leggiamo un libro in treno…» (Roncaglia, 2010, pag. 14).

Contesto lavorativo: la lettura è un momento di approfondimento, in cui si necessità di un elevato livello di attenzione. Può riguardare diverse fasce d’età della popolazione, a partire dagli studenti delle scuole primarie e secondarie, passando per la formazione universitaria, fino al termine dell’età lavorativa. Le caratteristiche fisiche del libro favoriscono un’organizzazione testuale dell’informazione che favorisca la consultazione e, ancor di più, la memorizzazione per ri-consultare. La dimensione fisica ammette dimensioni elevate, sia per numero di pagine che per spazio adibito all’annotazione, sottolineatura etc. La fruizione avviene per lo più in contesti in cui si dispone di una postazione di seduta con appoggio e spazio per altri strumenti.

Contesto di intrattenimento: la lettura rappresenta un momento di relax, in cui il livello di attenzione è proporzionale alla concentrazione del lettore. È primariamente il mondo della narrativa, dei romanzi, in cui il libro si fruisce in posizioni più confortevoli in ambiente domestico, si appoggia sul comodino e si archivia in una libreria o su una mensola. Le dimensioni fisiche del libro in generale si riducono, ma lasciano ancora spazio alla diversità. Il peso (contenuto, normalmente) deve essere sostenuto dalle braccia senza eccessiva fatica, l’ingombro deve essere ridotto, ma si deve lasciare spazio alla cura del testo e della rappresentazione poiché spesso questa tipologia di libri assume un significato anche affettivo (l’edizione ricercata, l’hobbistica etc.). L’utente può essere di qualsiasi età con una predisposizione culturale a questo tipo di interesse.

Contesto di mobilità: la lettura avviene in momenti di trasferimento, (ad esempio nel tragitto da un luogo all’altro), in spazi aperti (una panchina al parco o una sdraio sulla spiaggia). È il caso frequente dei libri tascabili, i cui requisiti richiedono trasportabilità e leggerezza. Il libro deve stare in tasca, non deve occupare in una borsa tutto lo spazio che potrebbe essere dedicato ad altri oggetti, ad altri volumi. La cura dell’impaginazione deve soddisfare questi requisiti, non ultimo la sua leggibilità. Il libro deve poter essere letto tenendolo con una sola mano, mentre l’altra afferra il sostegno in autobus o metropolitana. L’utente di questi libri, pur non identificabile per quel che riguarda le fasce d’età e di specifici interessi culturali, è un utente che si muove, che viaggia, che predilige maggiormente il contenuto rispetto alla forma, che non si affeziona più di tanto all’oggetto ed è anche disposto a sbarazzarsene una volta finito.

Questi tre diversi contesti fruitivi sono utili a comprendere la vastità e la diversità delle condizioni di riferimento. Sono spunti di riflessione volti a sottolineare come anche per un artefatto così “semplice” come è un libro, un approccio ergonomico possa supportare alcune scelte progettuali quando si pensa al mondo della produzione editoriale.

 


Contesto d'uso e tipologia dei lettori

 

Ergonomia fisica del libro
Attraverso i sensi della vista e del tatto noi prendiamo, prevalentemente, conoscenza del mondo che ci circonda soprattutto nei suoi aspetti materiali, geometrici e cromatici (Biondi, 1994, pag. 5). Il senso visivo e quello cutaneo interagiscono con quello la postura e la locomozione del corpo mediante esperienze del tipo: avvicinarsi a un oggetto, toccarlo e prenderlo in mano. È l’atto determinante dell’acquisizione di cognizioni legate ad una realtà concreta e materiale. I segnali d’entrata nel senso della vista dipendono soprattutto da variabili spaziali e, solo in un secondo tempo, da variabili temporali. Tuttavia la variabile tempo gioca un ruolo fondamentale nel sistema visivo poiché gli scenari sono spesso in movimento relativo rispetto al soggetto.
Questo sintetico resoconto sul sistema visivo, è occasione per sottolineare come l’interazione fisica tra uomo e libro sia a tutti gli effetti argomento dell’ergonomia. L’occhio è lo strumento di acquisizione dell’informazione testuale (e/o iconica) veicolata attraverso il libro.
Vi sono delle differenze che influenzano l’esperienza di lettura, privilegiando la scelta di un supporto fisico rispetto all’altro; due gli aspetti più rilevanti in questo ambito.
Il primo riguarda la risoluzione dei supporti di registrazione dei segni (carta stampata e dispositivi di lettura digitale), che si traduce nella sensazione di pienezza e nitidezza percepita nella lettura del testo. La carta stampata è in grado di garantire una risoluzione di circa 300 pixel per inch (ppi). Per avere un’idea di confronto, il monitor di una postazione Pc (1024 x 768 pixel) ha una risoluzione di circa 85 ppi, l’e-book reader più venduto, il kindle di Amazon, 212 ppi, l’iPhone 6 plus ha una risoluzione di 400 ppi. Le informazioni sulla risoluzione, prese da sole, sembrerebbero dimostrare che la risoluzione digitale offerta dalle nuove tecnologie (in particolar modo gli smartphone, ma anche i tablet) ha superato il supporto cartaceo. Tuttavia, la percezione di affaticamento della lettura su schermi retro-illuminati è ancora piuttosto elevata, costituendo una delle cause che ha rallentato notevolmente l’affermarsi dei formati narrativi digitali (ovvero l’e-book) come alternativa al libro tradizionale.
La retro-illuminazione rappresenta dunque il secondo fattore critico rilevante in questo tipo di progettazione; il problema è stato affrontato (e in parte superato) attraverso lo sviluppo di una nuova tecnologia di visualizzazione dell’informazione digitale, l’e-Ink3. Se nel caso dello schermo retroilluminato ciascun pixel è una fonte luminosa costante, l’inchiostro elettronico è un liquido oleoso (proprio come un inchiostro, solo un po’ più denso) formato da particelle bianche e nere cariche elettricamente e racchiuse fra due sottili fogli di plastica attraversati da una fitta rete di cellette caricabili mediante energia. In base al testo (o all’immagine) da visualizzare, la carica in superficie viene impostata per richiamare le particelle scure dove il testo prevede la presenza di inchiostro nero, e le particelle bianche dove invece deve simulare il supporto cartaceo. L’effetto di questa tecnologia è piuttosto efficace, diminuendo la differenza tra percezione su carta e percezione su supporto digitale, grazie al fatto che in questo modo lo schermo del reader non emette luce, ma riflette soltanto quella di fonti luminose che colpiscono lo schermo (condizione che rende efficace l’illuminazione frontale notturna degli e-book reader, molto meno affaticante per la vista rispetto a quella degli altri dispositivi elettronici di lettura).


Antropometria e Biomeccanica
Antropometria e Biomeccanica sono due discipline scientifiche di grande rilevanza nell’ergonomia fisica.
L’antropometria, disciplina che misura e studia nel tempo le dimensioni e le evoluzioni del corpo umano (proponendo classificazioni basate su parametri quali l’età, il sesso, l’etnia etc.) rappresenta lo strumento ideale per il progetto dimensionale degli oggetti usati dall’uomo.
La biomeccanica invece applica le leggi della meccanica allo studio del movimento umano; tale disciplina affronta argomenti quali la corretta postura e i disturbi muscolo-scheletrici. In generale è in grado di fornire parametri per quantificare e qualificare il movimento umano, simulando la sua interazione con qualsivoglia elemento di un prodotto (o sistema) (Andreoni, 2012, pag. 29).
Un rapporto significativo tra libro e antropometria si è manifestato, in particolare, attraverso quelle iniziative editoriali legate alla pubblicazione dei “tascabili” di cui si è parlato in precedenza. Come suggerisce la parola stessa, essi sono libri cartacei di dimensione ridotta, in grado di essere facilmente portati con sé (“in una tasca”) dai lettori, maneggiati e fruiti efficacemente anche in condizioni di mobilità. Oggi l’antropometria ha re-indirizzato e potenziato il suo contributo nel mondo del libro digitale, come conseguenza di un cambiamento radicale dell’interazione fisico-cognitiva con l’oggetto di lettura.
La fruizione lineare e sequenziale di un libro tradizionale avviene attraverso un gesto semplice: girare una pagina. Ciò significa cercare con due dita della mano destra un punto in cui si riesce a fare presa sulla carta, afferrare la pagina tra le dita, ruotandola fino ad adagiarla a sinistra sulla penultima letta (il movimento si completerà, poi, tenendo con la mano sinistra la pagina appena girata stratificandola sulle precedenti).
I supporti digitali, in particolar modo gli e-book reader e i device in generale di ultima generazione, presentano un tipo di interazione completamente differente. Il sistema di touch screen è ormai ampiamente utilizzato e si è stabilizzato come elemento del prodotto, dopo una fase in cui i tasti posizionati a varie altezze sui lati dei dispositivi erano causa di continui e frustranti errori di visualizzazione e affaticamento nella lettura che hanno certamente determinato il fallimento dei modelli precedenti. Questo ha dato un nuovo ruolo al dimensionamento antropometrico, per cui lo studio delle zone di diversa raggiungibilità dello schermo da parte delle dita della mano assume il ruolo di criterio di progettazione fondamentale per l’oggetto in questione.
Sul fronte di un eccessivo dimensionamento che rischia di diventare difficilmente fruibile per tutta la fascia di utenti aventi le mani più “piccole”, la manovrabilità di mani grandi su un dispositivo di dimensioni ridotte risulta difficile, (soprattutto se si vuole valorizzare la possibilità di sottolineatura e quella della ricerca di termini in dizionari che questi dispositivi offrono). Va, indubbiamente, interpretata in questa direzione, l’offerta sul mercato di dispositivi di dimensione diversa che, a una prima valutazione, possono riferirsi a una differente “trasportabilità”, ma che di fatto vengono rivolti a classi di utenti antropometricamente differenziati.
La relazione tra la progettazione di un libro e lo studio della biomeccanica, invece, risulta meno facile da intuire; sembra assumere, invece, un ruolo culturalmente fondamentale nel passaggio (o affiancamento) dei dispositivi digitali a quelli cartacei.
L’osservazione e l’interpretazione del comportamento umano rispetto all’usabilità degli oggetti è uno degli elementi di maggiore importanza nel design e ancor più nel design ergonomico. La classificazione dei contesti ambientali di fruizione dell’informazione fornita da Roncaglia (leanforward, leanback e mobilità) è un ottimo spunto di partenza ed approfondimento. La tesi sostenuta ne “La quarta rivoluzione” evidenzia che il vantaggio del supporto cartaceo sia garantito dalla sua adattabilità alle tre situazioni sopra descritte, mentre la fruizione leanforward è l’unica in cui un testo digitale può in qualche modo trovare una specifica valorizzazione. Possiamo provare a filtrare e interpretare, con la lente della biomeccanica, queste tre modalità di fruizione dell’informazione.
La modalità di leanforward prevede, per una corretta fruizione dell’informazione, il soddisfacimento dei requisiti propri dell’ergonomia degli ambienti di studio e di lavoro, in cui serve mantenere desta l’attenzione per un tempo prolungato. Ciò si traduce nell’assunzione di una postura corretta (che si ottiene disponendo di una sedia avente un supporto per la colonna vertebrale e un appoggio per le braccia, per non sovraccaricare e schiacciare la zona lombare), quindi attraverso una condizione fisica confortevole ma non comoda.
Anche la modalità di leanback si basa su una precisa postura, questa volta però più rilassata, protesa più verso un appoggio comodo e confortevole. Addirittura è possibile prevedere il passaggio da una postura seduta a una sdraiata.
La modalità mobilità infine, introduce una componente nuova, quella dell’instabilità corporale legata al movimento, in cui il fattore dimensionale dell’oggetto di lettura, oltre alla trasportabilità, agisce sulla fatica muscolare attraverso il suo peso, mentre si tiene in mano a una certa distanza da un punto di rotazione delle braccia.
Il punto chiave di questa discussione risiede nella tesi stessa del suo autore. La modalità di leanforward è una modalità indotta dall’oggetto fisico, prima ancora che dal contenuto che trasmette. La “postazione di lavoro al videoterminale” presuppone l’utilizzo di un computer, quindi di un artefatto tecnologico ben definito. Ma c’è un prima e un dopo, storicamente, che dà continuità, a nostro avviso, al passaggio in corso tra cartaceo e digitale. Prima dell’avvento massivo di Internet, il cartaceo era l’unico vero veicolo di informazione e si lavorava e si studiava per lo più su libri di testo, quindi fruibili in ogni modalità.
L’avvento massivo di Pc portatile e Notebook ha cambiato radicalmente la tipologia di contenuti e le modalità di scambio tra i vari interlocutori, anche e soprattutto in ambienti di tipo lavorativo (si pensi ad esempio alle “dispense universitarie”, ai manuali che si “scaricano” etc.). Questa tipologia di contenuti è stata per un decennio fruibile attraverso supporti digitali che non potevano essere utilizzati altro che in modalità leanforward, e che spesso richiedevano (e richiedono) la stampa per la fruizione leanback.
Più recentemente lo sviluppo tecnologico ha fatto passi da gigante e contenuti tipici dell’editoria digitale oggigiorno possono essere fruiti quasi ovunque. Anzi, diviene oggigiorno più facile passare da una modalità all’altra attraverso i dispositivi digitali, piuttosto che non attraverso il cartaceo. Non solo, uno dei vantaggi riconosciuti al digitale è quello di offrire strumenti come i segnalibri elettronici, i dizionari, le modalità di ricerca e gli ipertesti, che possono dare vita a nuovi modi di lettura e di apprendimento, che si lasciano la linearità del libro cartaceo alle spalle (pur non negandone il valore) e migliorando anche l’esperienza di ricerca e di consultazione dell’informazione.

 


Il Kindle Amazon

 

 

Ergonomia cognitiva del libro
L’Ergonomia cognitiva focalizza la propria attenzione sui processi mentali, quali la percezione, la memoria, il ragionamento e come questi stati mentali agiscano e influenzino l’interazione dell’uomo con gli altri elementi del “sistema”4.
Torniamo ai vantaggi cognitivi del libro cartaceo proposti da Casati, in particolare alla linearità e sequenzialità dello svolgimento narrativo come semplificazione della comprensione. Ciò che Casati sostiene è riconducibile a uno dei concetti più importanti nel mondo dell’ergonomia cognitiva e dell’usabilità, messo a fuoco da Donald Norman nel 1986 e relativo ai modelli concettuali (Norman, 1988, pag. 25).
Vi sono due modelli distinti in un processo di design.
Il primo è il modello ideativo del progettista, ovvero la visione prefigurativa dell’oggetto che andrà a realizzare; tutti gli elementi presenti nel prodotto risponderanno alla sua idea di forma, di come quell’oggetto debba funzionare, di quali obiettivi si pone e come l’utente deve interagire per raggiungerli.
Il secondo modello è quello dell’utente, e rappresenta l’interpretazione che una persona dà agli elementi presenti in un particolare oggetto di design (e in un artefatto tutti gli elementi presenti sono di design, nessuno escluso) per identificare la funzionalità di quell’oggetto e come fare a usarlo. Norman afferma che un oggetto di design è valido se e solo se questi due modelli si fondono efficacemente nell’immagine reale del prodotto; altrimenti si parla di cattivo design e l’oggetto sarà non completamente riuscito, se non addirittura fallimentare.
La linearità del libro è un modello concettuale così radicato nel lettore che qualsiasi tentativo da parte di un progettista di modificarlo è impresa ardua. Dal punto di vista dell’ergonomia cognitiva, si concorda con Casati circa i vantaggi del libro legati al concetto di linearità: se un lettore compra un libro, cartaceo o elettronico che sia, si aspetta di ritrovare proprio questo modello di linearità e individualità contenutistica. Quale utente si aspetta di aprire un libro e leggerlo saltando da un punto all’altro del testo, tornando indietro, completandolo attraverso un portale web o attraverso la consultazione di un altro libro il cui link è semplicemente cliccabile?

 


Utente indeciso

 

La rivoluzione digitale
Non è stato difficile assecondare la tesi di Umberto Eco dal punto di vista dell’ergonomia. Il Libro è un artefatto ergonomicamente maturo, compiuto. Gli utenti del libro cartaceo sono molteplici, ma facilmente identificabili. I fattori fisici nella fruizione del libro ne garantiscono una facile accessibilità e un’estesa inclusività. Il modello cognitivo è storicizzato, robusto e radicato nella mente dei suoi fruitori. La versatilità del libro-oggetto si adatta a molteplici contesti d’uso e, diciamolo, ai libri è anche facile affezionarsi. Ciononostante siamo di fronte ad un’esposizione e diffusione del digitale che sta minando il mondo del libro stampato, spingendo gli studiosi a giustificarne la sua longevità e la supremazia. Come rapportarsi, allora, al nuovo che emerge senza rinnegare l’esistenza e il valore ancora attuale del libro stampato?
Donald Norman (Norman, 1992, pag. 116) sostiene che la progettazione degli artefatti sia guidata da uno sforzo ragionato volto al miglioramento di una situazione preesistente, in cui salti e passaggi bruschi sono possibili e anche da incoraggiare.
Guardiamo, allora, al libro cartaceo e a quello elettronico non come a due oggetti necessariamente alternativi e oppositivi. Riflettiamo piuttosto su come la storia progettuale dei dispositivi digitali abbia condotto ad una situazione in cui abbiamo in vari casi un’alternativa valida alla carta (e sarebbe un errore per un progettista non rendersi conto di questa cosa). Come in tutti i processi evolutivi, l’affermazione attuale dell’editoria digitale si basa sul superamento dei difetti e inconvenienti del passato recente i quali sono stati cancellati, mentre i plus sono stati mantenuti e implementati. Questo processo di miglioramento e di rinnovamento è stato talmente rapido (riuscendo in vent’anni a sviluppare un prodotto in grado di confrontarsi con il libro stampato, che vanta una tradizione millenaria) che, se confermato nei prossimi decenni, legittima i dubbi sul futuro del supporto cartaceo e legittima la necessità di un intervento immediato a sua difesa.
L’idea iniziale di creazione di ipertesti non lineari da visualizzare su un monitor, che ha riscosso grande interesse e scarso successo, ha generato una serie di prototipi tanto innovativi quanto fallimentari, sino a quando si è arrivati ad un prodotto competitivo in grado di affermarsi sul mercato e di sopravvivere.
Gli ipertesti hanno provato a modificare il modello concettuale del libro; il loro insuccesso è stato però frainteso, identificando come causa la fruizione statica davanti ad un monitor e cercando di superare questa limitazione introducendo il concetto di portabilità del dispositivo (passaggio da modalità di fruizione leanforward a leanback e mobilità). Conseguenza di ciò è stato lo sviluppo di prototipi (quali il Data Discman della Sony) che oggi fanno sorridere, ma tuttavia hanno portato piccoli miglioramenti che hanno permesso di realizzare la prima generazione di e-book retroilluminati; a loro volta, questi hanno introdotto alcuni elementi innovativi nell’interfaccia, seppur altrettanto fallimentari (quei tasti a bordo schermo per scorrere le pagine, con i relativi errori di scorrimento dovuti alla poca maneggevolezza e ai lunghi tempi di latenza nella transizione), che hanno condotto all’introduzione dell’e-Ink e dell’interfaccia Touch.
Quali sono dunque i vantaggi che offre oggi l’editoria digitale e che sostiene la sua progressiva affermazione?
Gli e-book reader attuali sembrano accettare oramai il modello concettuale lineare del libro soddisfacendo un requisito fondamentale per i suoi utenti, ossia continuare a leggere come hanno sempre fatto. In questo senso gli e-book stanno adottando una strategia di “mimicità”, per cui un libro elettronico può essere definito libro se è capace di riproporre le caratteristiche di un libro a stampa.

 


Nuovi contesti d'uso

 

L’editoria digitale solo idealmente è in grado di raggiungere le stesse tipologie di utenti del libro cartaceo. In realtà il collezionismo e la conservazione-archiviazione digitale di e-book non è ancora compatibile appieno con il mercato digitale (forse eccezione fanno i nuovi collezionisti modello “Biblioteca di Alessandria”, interessati alla raccolta e alla conservazione dello scibile umano in formato elettronico, disponendo di uno spazio virtuale decisamente maggiore di quello fisico, con costi assai minori). Quella parte di utenti resistenti all’innovazione difficilmente passerà da libro a e-libro (è ancora piuttosto comune incontrare pareri differenti, utenti che provano la fruizione di formati elettronici senza troppa convinzione e poi abbandonano). Ci sono però due nuove tipologie di utenti che si stanno consolidando, e su cui sarà riversata grande attenzione nell’immediato futuro. Citando la classificazione di Paolo Ferri5 ci sono gli “immigranti digitali” (ossia coloro nati in un’era “cartacea”, ma che hanno accolto a braccia aperta l’avvento dell’era digitale), e i così detti “nativi digitali”, nati dopo l’avvento e la diffusione massiva di Internet e dei nuovi dispositivi ad Interfaccia Touch. Il dibattito attorno alla classificazione e alla definizione dei nativi digitali è molto aperto. Quello che interessa in questa sede è riconoscere che si sta affermando una nuova generazione di potenziali lettori, i cui modelli concettuali di interazione con la tecnologia sono cambiati, evoluti, perché le persone probabilmente saranno più “abituate” ad accettare queste tecnologie innovative.
Dal punto di vista dell’ergonomia fisica l’e-book ha, se possibile, perfezionato l’interazione gestuale con il dispositivo. Non solo un e-book può essere fruito secondo tutte e tre le modalità descritte per il libro cartaceo, ma addirittura presenta nuove opportunità. Pensiamo a quanti libri possono essere archiviati e trasportati dentro un unico, piccolo dispositivo (per la gioia di quelli che affermano di non leggere mai meno di sei sette libri per volta). L’illuminazione (e non la retro-illuminazione) consente più comode posizioni di lettura, ad esempio, a letto o in ambienti poco illuminati, modificando così la scelta della postura in base al proprio comfort, e non in base al miglior rapporto illuminazione/ombra sulla pagina, con il libro che da solo costituisce un ostacolo alla buona visibilità di tutte le aree della pagina. Inoltre l’e-book davvero può essere utilizzato con una sola mano, grazie all’interfaccia touch che permette di cambiare pagina cliccando in un punto dello schermo facilmente raggiungibile) migliorando il comfort in diverse posture (si faccia la prova, ossia leggere un libro e un e-book con una mano sola mentre ci si aggrappa a una maniglia sull’autobus, oppure sdraiati nel letto, su un fianco).
Gli studi sul dimensionamento antropometrico, che vengono trasportati su un unico modello (o pochi modelli) di dispositivi, piaccia o no, ottimizza le aree di raggiungibilità per molte, moltissime mani diverse, poiché le dimensioni delle pagine a leggere, l’impostazione dei caratteri e dell’impaginazione sono a tutti gli effetti personalizzabili.
I progettisti dei formati digitali sempre più perfezionano le interfacce con informazioni sullo stato di avanzamento della lettura, per fornire al lettore un feedback importante, attraverso la simulazione dello spessore delle pagine (come iBook) o semplicemente indicando quante ne mancano.
Questa sorta di personalizzazione uniformata, però, può essere valutata come uno svantaggio a livello cognitivo, poiché si perde la specifica e sempre diversa dimensione fisica dell’artefatto, e questo è certamente uno dei motivi per cui la carta difficilmente andrà a morire prima di ancora almeno una o due rivoluzioni tecnologiche di un certo livello.
A supporto di questa affermazione, si porta l’attenzione sul tema dello studio approfondito di testi sul cartaceo e sul digitale (Ferris, 2013). L’organizzazione spaziale del libro cartaceo sembra rivelarsi uno dei fattori principali del perché, a oggi, la distanza tra questi due supporti sia ancora elevata. La carta presenta una spazialità “estesa” rispetto al supporto digitale. Il libro è composto di una pagina a destra e una a sinistra, otto diversi angoli sulle due pagine frontistanti su cui distribuire l’informazione e la composizione di testi e/o immagini. Sembra che queste caratteristiche del libro aiutino maggiormente la memorizzazione dei contenuti, che invece si riduce nello scorrimento di un testo elettronico dove non ci sono punti di riferimento così identificabili e chiari. La fisicità del libro sembra favorire il mantenimento dell’attenzione anche grazie alla individualità e personalità (carattere) del libro come oggetto, che non offre facili distrazioni e fughe (apps, connessione internet e quant’altro) sempre più presenti nei nuovi dispositivi digitali. Grandissima rilevanza ricopre inoltre la gestualità dell’interazione con il libro cartaceo, in termini di creatività.
Tra i decantati vantaggi dei supporti digitali vi è senza dubbio l’interattività. Questi strumenti offrono la possibilità di interagire con il testo, sottolineando, ricercando vocaboli, annotando commenti, ottenendo di fatto risposte ad alcune domande. Queste caratteristiche sembrerebbero addirittura risolvere un problema già posto da Platone nel Fedro circa l‘incapacità del libro di “rispondere, se lo interroghi, se non con un maestoso silenzio” (Pucci, 1989, pp. 207-280).

 


Carta o digitale?

 

Tale tipo di interattività, però, va ad annullare una pratica progettuale che si esegue attraverso l’uso di una matita, che permette lentamente, nel procedere della lettura, la sottolineatura come percorso mentale per fissare le proprie idee, riordinarle a bordo pagina scrivendo una breve nota, o segnando con un trattino che quel passo è importante, va riletto, serve soffermarvisi un attimo in più. Come scrive Falcinelli: le attività grafiche sono, più in generale, un modo in cui spostiamo il pensiero sul foglio (Falcinelli, 2014, pp. 272-273). Questo tipo di gestualità e micro progettualità segnica è libera e priva di ogni vincolo tecnologico, se non quello di disporre di una matita e piccoli spazi bianchi su cui poter lasciare tracce dei ai propri percorsi intellettivi ed emozionali. L’utilizzo delle funzionalità offerte dai nuovi dispositivi elettronici invece è imprigionato nella stessa tecnologia. Non possiamo evadere dall’interfaccia che lo strumento ci impone, dove con più difficoltà possiamo sottolineare, evidenziare, annotare i nostri pensieri, lasciare traccia del nostro passaggio. Il rischio è di inibire, attraverso il mezzo, il processo creativo, uniformandolo e vincolandolo alle pur nuove potenzialità offerte dalla tecnologia.
Un’ultima riflessione riguarda il collegamento fra la rivoluzione digitale e il mondo dell’ergonomia. Abbiamo già detto come in questo ambito l’attenzione progettuale si sia spostata dal prodotto all’utente6.
Successivamente il campo visivo d’interesse è stato allargato, spostandosi dall’utente al sistema prodotto/utente, in cui l’ergonomia si pone come obiettivo la progettazione dell’interazione e non l’adattabilità dell’uno all’altro. Oggi non solo nel campo dell’ergonomia, ma nel mondo della progettazione in generale, si parla di esperienza d’uso (user experience, e in senso più commerciale di customer experience) in cui non è solo l’interazione tra prodotto e utente che va progettata, ma l’esperienza che questi sperimenta nell’interazione con esso. Questo tema rappresenta l’ultima chiave di lettura per comprendere perché oggi vi sia la necessità di discutere sul supposto primato della carta stampata rispetto ai formati elettronici e del futuro del libro.
Il primo, vero e-book reader che si è imposto nel panorama internazionale è stato il Kindle di Amazon, e non è un caso. Amazon ha sviluppato una ricerca che è andata a riconsiderare, prima ancora del prodotto in quanto tale, tutta l’esperienza di lettura, partendo da un’offerta di e-commerce in grado di soddisfare la domanda e le preferenze del consumatore, offrendo ciò che desidera nel momento esatto in cui questi lo cerca, o suggerendo nuove proposte basate sui suoi gusti, sui suoi comportamenti e movimenti nella rete. Amazon ha così realizzato una libreria in grado di personalizzare il viaggio esplorativo dell’utente, indirizzando il percorso tra gli scaffali, adattandolo agli interessi dimostrati dal lettore stesso, cambiando le abitudini d’uso di un modello fortemente radicato nelle persone. L’e-book reader di Amazon è passato da competitor del libro a estensione dell’esperienza di lettura, e questo ha fatto sì che per la prima volta, dopo innumerevoli fallimenti, si sia arrivati a cambiare il modo di leggere. Lo sfondamento di questa barriera culturale rappresenta, a mio avviso, uno di quei salti evolutivi cui Norman fa riferimento. La domanda che i nuovi “progettisti digitali” è importante si pongano è se l’identità degli e-book reader intesi come artefatti, come oggetti materiali, abbia raggiunto un grado di maturità tale da consentire la loro permanenza a lungo termine nel mercato digitale. In questo caso, è opportuno insistere in questa rivoluzione culturale, analizzando tutte le potenzialità che essa offre, cercando di progettare un dispositivo che possa essere definito perfetto (magari da Umberto Eco).

 

di Marco Mazzola

 

Note
1 A chi non è mai capitato di aumentarlo e accrescere il sentimento di suspense, di curiosità e di attesa al finale che si approssima letteralmente, pagina dopo pagina, o che ci fornisce semplicemente una misura del lavoro fatto e ci permette di “modulare lo sforzo sul lavoro da farsi”?
2 L’ergonomia è definita come disciplina scientifica che tratta la comprensione dell’interazione tra l’uomo e qualunque elemento di un sistema. Questa interazione può essere fisica, ad esempio quella sensoriale, e cognitiva, ossia più legata ai modelli concettuali.
3 http://www.eink.com/
4 Sistema con cui l’uomo interagisce. Spesso nelle definizioni, in Ergonomia, è usata la parola “sistema” perché parlare di prodotto/oggetto è limitativo, poiché l’ergonomia si può e si deve applicare in maniera trasversale a prodotti, servizi etc.

5
https://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso
6
Il primo passaggio chiave è stato la nascita dell’approccio chiamato User Centred Design e che è ormai un pilastro dell’Ergonomia in senso lato.

 

Il presente saggio è parte del volume E_Bookzine (a cura di Veronica Dal Buono), Media MD, 2015, pp. 136.

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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

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