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Intervista a Kengo Kuma su CCCloud.
Della collaborazione fra azienda, interpreti del design discourse, Istituzioni

09 Novembre 2010

 

Siamo da qualche decennio, oramai, immersi in un'epoca di cambiamenti veloci e profondi.
Sempre più le aziende industriali  per restare competitive sono chiamate ad essere flessibili, a modificarsi, ad evolversi con ritmi che non hanno precedenti nella storia economica moderna.
Si è di fronte ad un processo che impone azioni di rinnovamento accettando di rimettersi continuamente in gioco, ripensando ed evolvendo il management e il proprio rapporto con il contesto interno ed esterno d'impresa.
La stessa creatività, quale attitudine individuale e visionaria, sembra oramai uscire dai confini ristretti e specifici delle professioni liberali per invadere ed espandersi - come un fluido in movimento - entro le mura delle organizzazioni di produzione, per diventare parte integrante delle stesse strategie di business dei marchi industriali.
Il ripensamento del modo di fare impresa - non orientato più unicamente alla produzione serializzata e stabilizzata - attinge sempre più all'immaterialità, alle sorgenti del design discourse, ai suoi interpreti e mediatori.
A imporre questa metamorfosi d'impresa è l'orizzonte contemporaneo - materiale ed immateriale ad un tempo - sempre più caratterizzato da linguaggi fortemente mutanti ed espressivi degli oggetti, delle architetture, degli spazi e delle esperienze di vita.

Il processo creativo e realizzativo di CCCloud - promossa da Casalgrande Padana con grande equilibrio fra obiettivi di affermazione di marca e istanze sociali verso il territorio, la società civile e le istituzioni coinvolte - sembra poter essere indicato come valido esempio del nuovo modello manageriale che punta al miglioramento del valore del marchio all'interno della competitività globale attraverso un collegamento e una collaborazione intercreativa fra azienda, interpreti del design discourse, istituzioni.
Casalgrande Padana, Kengo Kuma, il team degli strutturisti, Mario Nanni e Viabizzuno, le Università di Ferrara e di Catania sono i protagonisti di un team interdisciplinare che grazie alla sensibilità e alla visionarietà di Kengo Kuma ha dischiuso la ceramica verso una affascinante, eterea e fluttuante esistenza.

 

(a cura di Veronica Dal Buono)

 

Guarda il video CCCloud

Vai a CCCloud. Casalgrande Ceramic Cloud (21 settembre)

Vai a CCCloud. Casalgrande Ceramic Cloud (29 ottobre)

Vai a Casalgrande Padana

 

 

Traduzione intervista:

«Sono molto soddisfatto dei risultati realizzativi del progetto; in particolare, ancora una volta, ho potuto ammirare le qualità dell’artigianato e della tecnologia italiani.
Il sistema di questa struttura è unico e ha rappresentato una grande sfida, tuttavia la realizzazione è stata molto sofisticata e delicata.
Credo che in Italia l’artigianato sia una parte fondamentale della cultura e lo stesso vale per il Giappone. Anche nel mio paese l’artigianato è un fondamento della società e della sua cultura.
Il concetto di “monumento” classico è statico e sempre molto coerente in sé. Casalgrande Ceramic Cloud è certamente un’altra cosa rispetto all’idea di monumento.
CCCloud si offre a seconda della situazione in modo diverso; dipende dal movimento della luce, dal movimento del sole, ed è come una nuvola in cielo; le nuvole in cielo si muovono costantemente, mostrano il lato dinamico della natura: ho voluto che Ceramic Cloud apparisse proprio come una nuvola artificiale.
Quando ho incontrato il committente, Casalgrande Padana, sono rimasto veramente colpito dal loro amore per la produzione artigiana e al tempo stesso per la tecnologia all’avanguardia che adottano. Devo riconoscere l’aiuto ricevuto da Luigi Alini dell’Università di Catania e Alfonso Acocella dell’Università di Ferrara, che hanno dato un prezioso contributo alla definizione della cultura produttiva italiana e all’analisi della relazione tra la storia e la tecnologia moderna: da loro ho appreso moltissimo.
La struttura leggerissima di CCCloud ha rappresentato la difficoltà realizzativa maggiore di tutto il progetto, perché solitamente la piastrella ceramica viene utilizzata per rivestire il cemento, un materiale molto pesante. Io volevo evitare la pesantezza del cemento per creare una struttura leggera e più flessibile possibile. L’Ingegner Ejigiri, a capo del progetto di ingegneria strutturale, ed io abbiamo lavorato insieme per creare questa leggerezza attraverso i materiali ceramici.
La sfida più difficile per gli ingegneri e gli architetti è probabilmente quella di creare con le piastrelle ceramiche una vera e propria “struttura”.»


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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